Ricordato ieri a Catania Giuseppe “Pippo” Fava, il giornalista ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984. Nel pomeriggio, davanti la sede del Teatro Stabile di Catania, c’è stato un presidio proprio dove c’è la lapide che ricorda il suo assassinio. Nel Centro Zo di piazzale Asia, è stata proiettato, a cura della Fondazione Fava, il film 'Un siciliano come noì, di Vittorio Sindoni. Alle 21, a Cittainsieme, la presentazione del mensile 'I siciliani giovanì.
Pippo Fava, che con il periodico 'I Sicilianì aveva condotto importanti e delicate inchieste antimafia che toccavano anche rapporti tra Cosa nostra, politica e affari, quella sera di 28 anni fa, aveva appena parcheggiato la sua Renault 5 davanti il Teatro Stabile dove si doveva recare per assistere a una recita di una nipotina. Quando aprì lo sportello un sicario gli sparò e cinque proiettili calibro 7,65 lo raggiunsero al collo e alla testa. Per l'omicidio, con sentenza passato in giudicato, sono stati condannati come mandanti il capomafia Benedetto “Nitto” Santapaola e il nipote del boss, Aldo Ercolano. Sono stati invece assolti Marcello D'Agata, Francesco Giammuso e Vincenzo Santapaola, presunti esecutori del delitto, che in primo grado erano stati invece ritenuti colpevoli. Redattore e inviato speciale per riviste come Tempo illustrato e La domenica del Corriere, corrispondente di Tuttosport, Giuseppe Fava collaborò a La Sicilià. Dal 1956 al 1980 era stato capocronista del quotidiano Espresso sera. È stato anche un apprezzato drammaturgo, romanziere e autore di libri-inchiesta: nel 1975 ottenne grande successo il romanzo Gente di rispetto; nel 1977 pubblicò Prima che vi uccidano«; nel 1983 L'ultima violenza, considerato il suo capolavoro drammaturgico.
«Pochi giornalisti e scrittori come Pippo Fava hanno saputo svelare la realtà e l'anima della Sicilia, di una terra stuprata dal potere di Cosa nostra, di una politica e di una economia colluse, di una società narcotizzata dalla cultura mafiosa del compromesso e del clientelismo». Ha detto il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente la Commissione antimafia, ricordando il giornalista ucciso dalla mafia «Pippo Fava -ha aggiunto Lumia- lo ha fatto con coraggio, attraverso le sue inchieste e i suoi libri, ben sapendo che tutto questo in Sicilia sarebbe potuto trasformarsi in una condanna a morte. Ma Fava amava la Sicilia e credeva nel suo lavoro, nel giornalismo che fa pensare, che apre gli occhi ai cittadini, che mette le istituzioni di fronte alle proprie responsabilità, che fa riconoscere i problemi per affrontarli, che contribuisce alla promozione della legalità e dello sviluppo. Per questo rappresentava una pericolosa insidia da eliminare».
Pippo Fava, è stato ricordato anche a Roma nel pomeriggio di ieri, nella sede della Federazione Nazionale della Stampa dove è stato anche presentato il mensile 'I Siciliani giovanì,.
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