Giovanni Tizian, 29 anni, collaboratore della “Gazzetta di Modena”, da una quindicina di giorni vive protetto da una scorta. Con Giovanni ho per lo più una corrispondenza telematica e telefonica, cominciata diversi mesi fa, grazie ad amici comuni. Ci siamo sentiti stamattina, poco dopo che si è diffusa la notizia che gli avevano assegnato una scorta. Poche battute, ma importanti, per capire che è in parte sorpreso da questa attenzione delle cosche, ma sereno quanto basta, in una situazione che serena non è per niente. Non è semplice vivere con la scorta, non lo auguro a nessuno, ma Giovanni ce la farà a reggere questo “peso imprevisto”.
Le persone come lui hanno una marcia in più. Perciò quando dice “non ti preoccupare che non mollo l’osso”, non solo gli credo, ma so che non si abbatterà facilmente, soprattutto se gli faremo sentire il calore di un sostegno diffuso dal nord al sud del paese, come già sta succedendo in queste ore. Giovanni ha una marcia in più perché è abituato alla sofferenza. La ‘ndrangheta lo ha lasciato senza il padre all’età di sette anni. Nell'estate '89, a Bovalino, nella Locride, lo uccisero a colpi di lupara mentre tornava a casa per abbracciare il suo bambino. Era funzionario di banca. Dopo cinque anni dal delitto, la famiglia di Giovanni Tizian si trasferì a Modena.
Ma il rapporto con la terra dov’è nato e dove ha perso gli affetti più cari, non è mai venuto meno. Fa parte dell'associazione “daSud”, associazione antimafia con sede a Roma costituita nel 2005 da giovani emigranti meridionali che sono andati via dalle loro terre, ma che non sono disposti a lasciare questi territori in mano alle cosche. Da qui vengono i nostri amici comuni. Numerose le inchieste che Giovanni ha fatto sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta al nord. E da qualche mese sono racchiuse anche in un bel libro: “Gotica, 'ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea”, edito da Round Robin, che consiglio a tutti di leggere.
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