giovedì 25 aprile 2013

UNA PIETRA E UN ALBERO IN PIAZZA MERCATO A NAPOLI, PER RICORDARE GAETANO MONTANINO. LA FIGLIA VERONICA: "DIMOSTRIAMO DI ESSERE PIU' FORTI DELLA CAMORRA"

Gaetano Montanino
Ci sarà anche don Luigi Ciotti, il presidente di Libera, a ricordare Gaetano Montanino il 26 aprile, in piazza Mercato a Napoli, proprio nel luogo dove la guardia giurata venne uccisa da due camorristi il 4 agosto del 2009. A Montanino saranno dedicati una pietra commemorativa e un albero. La cerimonia avrà inizio alle 10, mentre alle 11 è prevista una messa all'interno della Basilica del Carmine, celebrata da don Luigi Ciotti. Un appello alla partecipazione è stato lanciato dalla figlia, Veronica Montanino: "Vorrei che fossimo in tanti in quel posto difficile più che mai. Dimostriamogli di essere di più. Dimostriamo loro di essere più forti, come tutte le persone per bene al posto giusto. Aiutatemi a coprire di dignità quella piazza”.
Gaetano Montanino, 45 anni, guardia giurata e dipendente dell’istituto “La vigilante”, la notte del 4 agosto 2009, è in auto con il suo collega, Fabio De Rosa, di 25 anni. Sono fermi davanti ad un negozio di giocattoli all’interno dell’auto di servizio. Il clima è afoso, la notte dovrebbe essere calma come tante altre passate in quella zona. Invece no. Due giovani su uno scooter si avvicinano all’auto. Sono del quartiere, vicini al clan Contini. Hanno deciso di rapinare le armi ai due vigilanti. Sono armati e con i volti coperti dai caschi. Si avvicinano ai due vigilanti: “Non vi muovete e dateci le pistole”. Gaetano e Fabio sono colti di sorpresa. Si guardano in faccia e capiscono che la faccenda è seria. Fabio De Rosa consegna la sua pistola 9x21, Gaetano Montanino, invece, riesce a tirare la sua dalla fondina e fa fuoco. I due rapinatori reagiscono e sparano a loro volta. Sono attimi di terrore. Gaetano Montanino viene raggiunto da otto colpi di pistola. Muore subito. Fabio De Rosa è più fortunato, è ferito nonostante sei colpi di pistola. Uno dei due giovani aggressori, Davide Cella, rimane ferito a sua volta. Il complice, Salvatore Panepinto riesce a rimetterlo sullo scooter e lo porta davanti al Loreto Mare. Fabio chiede aiuto i soccorsi attraverso la radio di servizio che è sull’auto. In pochi attimi sul posto giunge un ambulanza e volanti della polizia. Sarà importante la sua testimonianza per ricostruire i fatti. Davide Cella viene arrestato in ospedale e piantonato a pochi passi dalla stanza dov’è ricoverato anche Fabio De Rosa, guardato a vista dai suo colleghi. Dopo poco tempo viene arrestato l’altro complice, Salvatore Panepinto. Al processo per la morte di Gaetano Montanino, i due killer saranno condannati a soli vent’anni di carcere.
Alla manifestazione è prevista anche la presenza del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, il presidente dell'associazione nazionale Guardie particolari giurate Giuseppe Alviti, il presidente dell'associazione gioventù cattolica Gianfranco Wurzburger, Geppino Fiorenza e don Tonino Palmese referenti regionali della nota associazione Libera, di Lorenzo Clemente, presidente del Coordinamento familiari di vittime innocenti e Paolo Siani, presidente della Fondazione Polis.

martedì 23 aprile 2013

IL 24 APRILE LA CERIMONIA FINALE DEL PREMIO LETTERARIO "ATTILIO ROMANO' "


Attilio e Natalia nel giorno del matrimonio il 24.09.2004
Il 24 aprile avrà luogo la cerimonia finale del Premio Letterario dedicato ad Attilio Romanò, con la proclamazione dei vincitori. La cerimonia si svolgerà presso l' auditorium dell' I.p.i.a. di Miano in  Via Miano 290. Il tema di questa edizione è:  “Le mafie temono la cultura, divulgatrice dei principi di legalità e giustizia”. La mattinata sarà arricchita dalla presentazione di numerosi lavori artistici prodotti dai ragazzi delle scuole, vera anima di questa giornata. Alla manifestazione presenzieranno anche la mamma di Attilio, Rita, la moglie Natalia e la sorella, Maria.


Attilio Romanò fu assassinato da Mario Buono, appartenente al clan camorristico dei Di Lauro, nel suo negozio di telefonia mobile a Miano, intorno alle 13 del 24 gennaio 2005. Si era sposato con Natalia appena quattro mesi prima. La  vittima designata era un’altra.  Nel negozio il killer pensava di trovarci il socio di Attilio, un parente del boss Salvatore Pariante, per anni fedelissimo e personaggio di spicco della cosca dei Di Lauro passato con gli scissionisti e per questo  condannato a morte. Solo cinque anni dopo il delitto, grazie ad un pentito che ha fatto i nomi dei mandanti ed esecutori, si è potuto arrivare ad un processo. A rivelare i retroscena della uccisione di Attilio è stato Giovanni Piana, un collaboratore di giustizia. Piana fece i nomi di Cosimo e Marco di Lauro (mandanti) e di Mario Buono(l’esecutore). Il 2 maggio del 2012, la Terza Corte di Assise di Appello del Tribunale di Napoli ha condannato Mario Buono e Marco Di Lauro (latitante) all'ergastolo, assolvendo Cosimo Di Lauro.

http://www.attiliovive.it/

giovedì 4 aprile 2013

PAOLINO AVELLA NON HA MAI FESTEGGIATO I SUOI 18 ANNI

Robeto Vecchioni con Alfredo Avella
Il 5 aprile 2003, a San Sebastiano al Vesuvio (NA), due balordi tentano di togliere un motorino a due ragazzi a pochi metri dalla loro scuola, il liceo scientifico "Salvatore DI Giacomo".  Il motorino lo guidava Paolino Avella, dietro di lui viaggiava un suo amico. Nel tentativo di sfuggire al furto del  motorino i due ragazzi finiscono contro un albero. Paolino non ce la farà. Dopo alcuni giorni avrebbe compiuto diciotto anni. Il suo amico, sedici anni,  seppur ferito, se la caverà. 

Qui di seguito il mio articolo scritto per il quotidiano l'Unità, pubblicato il 7 aprile 2003. Insieme con un intervista al Sindaco di san Sebastiano al Vesuvio, Silvio Carpio.

SEBASTIANO AL VESUVIO (Napoli) «A Paolino, gli amici del bar». La scritta su un foglio bianco è adagiata vicino l’immagine a colori, di una grande foto della classe di Paolo e Andrea, la terza D del liceo scientifico “Salvatore Di Giacomo”. A fianco un mazzo di rose rosse e gladioli bianchi. È Poggiato tutto sotto quell’albero maledetto, dove sabato all’uscita di scuola, Paolino Avella, in sella al suo scooter, ha sbattuto la testa dopo aver tentato invano di resistere ai rapinatori che volevano rubargli il motorino. Dietro di lui c’era Andrea C., 16 anni. Lui se l’è cavata con una prognosi di 10 giorni, e dalla stanza dell’ospedale Loreto Mare di Napoli, dove è ricoverato, continua a chiedere di Paolino, ma non gli hanno detto ancora che non ce l’ha fatta.

Per tutta la giornata di domenica è stato un via vai di persone. In molti hanno deposto un fiore. Altri un bigliettino con un pensiero. I ragazzi del bar Centrale di San Sebastiano, la comitiva di Paolino, sono rimasti a turno per l’intera giornata. Facce smarrite, sguardi nel vuoto e occhi lucidi. E tutti increduli per una morte così assurda. Per oggi, intanto, è stato proclamato il lutto cittadino dai sindaci di San Sebastiano al Vesuvio, Silvio Carpio, e Pollena Trocchia, Giacomo Scognamiglio. I funerali di Paolo, che sabato prossimo avrebbe compiuto 18 anni, si svolgeranno alle 15 nella chiesa della Santissima Annunziata alle ore 15 a Pollena Trocchia, il centro nel quale viveva con la famiglia, molto conosciuta e stimata nella cittadina vesuviana. In mattinata studenti e genitori sfileranno per le strade del paese dove, alle 20, è prevista anche una fiaccolata organizzata dalle amministrazioni comunali. Sempre in mattinata i sindaci parteciperanno alla riunione del Comitato per l’ordine
e la sicurezza pubblica indetta dal prefetto Carlo Ferrigno sulla criminalità nei paesi vesuviani.

I genitori di Paolo, Alfredo Avella, 50 anni, avvocato del Comune di Napoli, e Rosaria, insegnante materna nella scuola di via Vigna a Pollena, sono distrutti dal dolore. L’hanno saputo dall’ospedale. Li hanno chiamati dicendo che Paolo era in rianimazione, ma quando sono giunti il ragazzo era già morto. Non l’hanno neppure potuto vedere. La coppia ha un altro figlio, un bambino di 10 anni, e dal momento della tragica morte di Paolo si è chiusa nel silenzio tra le mura della propria casa, dove si susseguono le visite di amici e parenti. Ieri mattina, intanto, si sono riuniti in Municipio sindaci e parlamentari della zona: tutti hanno sollecitato un’attività congiunta delle forze dell’ordine per affrontare l’emergenza criminalità a San Sebastiano al Vesuvio e nei comuni del Vesuviano. Contemporaneamente alla riunione svoltasi nel municipio di San Sebastiano, circa 400 studenti del liceo scientifico, amici di Paolo Avella, hanno indetto una assemblea nella sede dell’istituto scolastico con la partecipazione del preside Luigi Buono.

«Ci siamo riuniti spontaneamente - hanno detto i ragazzi - davanti alla scuola, mettendoci d’accordo tramite sms e telefonate con i nostri cellulari». Il gran numero di ragazzi ha poi spinto il preside a disporre l’apertura della sede del liceo e a parlare con gli alunni. «Dovete usare il casco - ha ripetuto il preside agli studenti - è dovere di tutti osservare queste norme che tutelano la vostra salute». Il preside ha poi riferito che proprio in questi giorni, con gli insegnanti, sta valutando un progetto sull'educazione stradale e sull'uso del casco, finalizzato al conseguimento del patentino di guida per i ciclomotori. «La morte di Paolo – ha aggiunto Buono - ha colpito tutti noi nel più profondo dei nostri cuori». Per il deputato dei Ds, Aldo Cennamo, «si sta allentando il rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini». Secondo il parlamentare locale, proprio poco prima della tragica morte di Paolo, due persone anziane erano state rapinate della loro pensione appena uscite dall’ufficio postale. «Ebbene - ha detto Cennamo - il sindaco ha chiamato i carabinieri per avere notizie su questi due episodi: nessuno delle due persone che hanno subito la rapina avevano però presentato una denuncia.

Ecco perché bisogna ricostruire un rapporto nuovo tra le istituzioni ed i cittadini», ha concluso il deputato diessino. Sul fronte delle indagini i carabinieri, in base alle descrizioni fornite, stanno tentando di risalire ai responsabili del tentativo di rapina, giunti in via Matteotti a bordo di una «Moto Honda» e fuggiti subito dopo l’incidente e hanno invitato chiunque disponga di informazioni sull’accaduto a fornirle alla compagnia d Torre del Greco.

INTERVISTA AL SINDACO: “Una città tranquilla diventata un supermarket per criminali”

SAN SEBASTIANO AL VESUVIO (Napoli) «Siamo diventati il terminale per tutti i delinquenti della periferia di Napoli». Silvio Carpio, primo cittadino di un comune di poco più di diecimila anime, a soli di 13 chilometri dal capoluogo, non nasconde la sua amarezza per l’ultimo episodio di violenza dove ha perso la vita un ragazzo di 18 anni. Eletto in una lista civica nel 2001 con il centro sinistra, si sfoga quasi con le lacrime agli occhi.

Sindaco, dov’è finita la tranquillità di questa cittadina che era paragonata ad una
piccola Svizzera?

«Il fatto è che siamo diventati il terminale per tutti i piccoli criminali della periferia di Napoli che si trova a soli tredici chilometri. I delinquenti non si fermano davanti ai confini del nostro territorio, nonostante siamo una piccola cittadina tranquilla. Subiamo incursioni dai comuni vicini ad alto tasso di criminalità: Barra Ponticelli, Portici, Ercolano. Il nostro Comune e quelli limitrofi sono diventati per i delinquenti della periferia di Napoli, una sorta di supermarket. Vengono qui e compiono reati di ogni genere, puntando in particolare su cellulari e scooter».

Quando è stato eletto sindaco in una lista civica dell’Ulivo nel novembre del 2001, non era già a conoscenza della situazione di poca sicurezza che vivono i cittadini del suo Comune?

«Guardi, fino a poco tempo fa la preoccupazione più grossa che avevano gli abitanti di San Sebastiano, era quella di difendersi da un’eventuale eruzione del Vesuvio. Il comune, infatti, fa parte della zona rossa, ovvero di quella fascia che dovrebbe essere sgomberata ai primi segnali di pericolo di una nuova e più catastrofica eruzione. Ma da alcuni anni a questa parte è la microcriminalità la vera spina nel fianco di San Sebastiano».

C’erano già stati episodi analoghi?

«Il 20 luglio del 1996, un altro giovane, Davide Sannino, anch’egli studente, venne assassinato in una piazzetta di Massa di Somma, a poca distanza da San Sebastiano, da alcuni balordi che stavano rapinando il motorino ai suoi amici. Ebbe il solo torto di guardare negli occhi il suo aggressore».

Quale deve essere, secondo lei, la risposta delle forze dell’ordine per dare maggiore sicurezza ai cittadini?

«È necessaria una risposta forte con una maggiore presenza di uomini e mezzi. C’è bisogno di un maggiore coordinamento tra le forze di polizia. E, inoltre, le forze dell’ordine non devono essere proporzionali al numero dei cittadini, ma all’esigenza di un territorio che può essere più a rischio di un altro».

Ma anche gli amministratori devono fare la loro parte, non crede?

«Certamente. Il nostro compito di amministratori è quello di evitare uno scollamento tra cittadini e istituzioni. Gli studenti devono essere i nostri primi alleati in questa battaglia. Devono imparare a rispettare per primi la legge sapendo che può difenderli meglio. E devono capire che non è giusto guidare un motorino senza casco e senza patente».

mercoledì 3 aprile 2013

USTICA, ASSOCIAZIONE VITTIME: "QUELLA NOTTE CIELO E MARE NON ERANO VUOTI"

 «Abbiamo la speranza che stavolta si possa andare avanti». È quanto afferma Daria Bonfietti, presidente dell' associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica, lasciando gli uffici di piazzale Clodio dove si è recata per incontrare i pm titolari dell'inchiesta. «Chi indaga sta procedendo in modo veloce - ha continuato - in questo momento stanno studiano i numerosi documenti ricevuti dalla Francia. L'importante è che si arrivi al responsabile dell'abbattimento. Come conclude la sentenza del giudice Rosario Priore, nel 1999, è stato accertato che quella notte ci fu una guerra aerea: questo va affermato togliendo dal campo tutte le altre possibili ipotesi». Per Bonfietti in questa vicenda «la Francia ha sempre avuto un peso». «Ciò che si conferma - ha detto ai giornalisti Daria Bonfietti - è che il cielo non era vuoto, e anche il mare non era vuoto quella notte. Questa è la conferma che emerge ancora una volta con l'ultima testimonianza acquisita dai magistrati. Anche se qualcuno ha sempre sostenuto che ciò non era vero e quindi le responsabilità sono grandi. Siamo sempre più convinti che già la notte della strage avremmo potuto sapere quello che era successo». Per la donna «quella sull'ipotesi della responsabilità dei francesi sull'abbattimento del Dc9 è sempre stata una ipotesi perchè rivendicata sempre dallo stesso Gheddafi secondo il quale lui era la vittima designata».