Ricordata nel pomeriggio a Giugliano Mena Morlando, vittima innocente di camorra. Fu uccisa il 17 dicembre del 1980 perché il boss Francesco Bidognetti si fece scudo del suo corpo durante un conflitto a fuoco con clan rivali, proprio sotto la sua abitazione. Mena, giovane venticinquenne, era scesa per andare in lavanderia. Incappò, invece, nella furia omicida dei clan della camorra che all'epoca si facevano la guerra per spartirsi la torta degli appalti per la ricostruzione delle zone terremotate. A scoprire la lapide che la ricorda, proprio sotto casa sua, in via Monte Sion, oltre alla famiglia, tantissimi giovani delle scuole di Giugliano che sventolavano le bandiere di Libera. Presenti anche Bruno Vallefuoco, del coordinamento dei familiari delle vittime innocenti, Geppino Fiorenza, referente regionale di Libera, i fratelli di Mena, i ragazzi di "Contro le mafie".A tirare giù il panno che copriva la lapide, il magistrato Raffaele Cantone, che di Mena ne ha parlato nei suoi libri.
Francesco Morlando, uno de fratelli della ragazza uccisa trentuno anni fa, nel suo breve intervento, si è rivolto, tra l'altro, ai camorristi con queste parole: "Andate via. Liberate queste terre dalla vostra schifosa oppressione. Ridateci la dignità di uomini liberi. Regalate un sogno ai vostri figli perché vivano in pace senza vergognarsi dei loro padri. Il vostro potere è le vostre richezze sono effimere, non vi apparterranno per sempre. Siete destinati, prima o poi, al carcere duo o a essere ammazzati. Ed io vi chiedo: "Ne vale la pena di fare questa vita? Credo proprio di no".
Nessun commento:
Posta un commento