sabato 19 maggio 2012

PINO AMATO, ASSESSORE REGIONALE, UCCISO IL 19 MAGGIO DEL 1980


E’ la mattina del 19 maggio del 1980. Pino Amato, assessore regionale al Bilancio e alla programmazione, ha appena finito di fare colazione. Da tre giorni viene a prenderlo con una Fiat 131 blindata di colore grigio metallizzato Ciro Esposito, un autista messogli a disposizione da  Vincenzo Scotti, Ministro del Lavoro fino a qualche mese prima, ed esponente di rilevo nazionale  della Dc con il quale aveva  formato il gruppo "Nuova Napoli", un centro studi per contribuire a rinnovare il partito.  A Napoli si avvicina una competizione elettorale che si preannuncia difficile e tutti gli uomini di partito della Democrazia Cristiana sono impegnati al massimo.  L’assessore regionale ha ricevuto delle minacce e con la campagna elettorale in atto e il clima difficile che c’è in Campania, come nel resto del paese, un’auto blindata può essere importante.   Pino Amato abita con la famiglia in via Chiaia 145, in  un palazzo nobiliare.

Poco dopo, l’auto con dentro l’assessore regionale comincia il solito tragitto mattutino per raggiungere  il palazzo della Regione, a Santa Lucia. All’altezza di vico Alabardieri, nei pressi del ristorante “Umberto”,  una Fiat 500 blu blocca il traffico. Alla guida una donna che cerca di fare manovra per  parcheggiare l’auto, ma non vi riesce. Anche la Fiat 131 interrompe la sua marcia verso la Regione. Poi, all’improvviso, la ragazza scende dall’auto e si avvicina a quella dove viaggia Pino Amato. Con lei anche un giovane sui 30 anni che indossa un impermeabile e occhiali scuri. La donna, invece, indossa un giubbotto scuro e porta con sé una enorme borsa. Si avvicina e scruta nella Fiat 131 guardando dritto negli occhi Pino Amato: “E’ lui, è proprio lui”. Dice con decisione.  L’uomo con l’impermeabile estrae una grossa pistola con un caricatore bifilare e preme il grilletto. Spara ma non si odono rumori. L’arma, una Beretta da guerra, è stata modificata. Ha un silenziatore ricavato da un gonfiatore di bicicletta imbottito di lana di vetro. Colpisce da vicino l’assessore. Più di dieci colpi. In fronte, in una tempia, nello sterno, nell’emitorace sinistro. Un massacro. Pino Amato muore subito. L’autista è colto di sorpresa, non riesce a credere ai suoi occhi, ma trova la forza di reagire. Ha una pistola con sé, la estrae dalla cintola  e spara a sua volta. La donna risponde al fuoco, ma Ciro Esposito evita il colpo. I due killer scappano in direzione di Piazza dei Martiri. Non sono soli.

Con loro si materializzano altri due complici. L’autista continua a sparare e colpisce il killer  ad una gamba. Dopo il colpo barcolla, ma riesce a scappare. Viene colpito anche un passante. E’ un ingegnere, Domenico Tucci, di 78 anni, una pallottola lo colpisce alla caviglia. Intanto è scattato l’allarme. Per le strade dove si spara la gente scappa impaurita. Il killer ferito  ha difficoltà a correre e perde anche sangue. Con la pistola in pugno si infila in un taxi. L’autista scappa. Cerca di metterlo in moto da solo, ma inutilmente. Poco più in là trova una “Skoda” con le chiavi inserite. Si avvia verso via Filangieri per raggiungere Piazza del Plebiscito. Forse ha un complice che lo attende.

L’allarme è scattato. Decine sono le telefonate al 113. Ormai le forze dell’ordine sanno in che direzione stanno scappando gli autori dell’omicidio. All’altezza del teatro Politeama, il killer in fuga incrocia gli  altri tre complici arrivati da via Monte di Dio. Cercano di uscire dal dedalo di viuzze che corre nel cuore della Napoli antica dov’è difficile correre ad alta velocità. In piazza Trieste e Trento incrociano una “Alfetta” della Volante. I militari riconoscono l’auto dei fuggitivi. Avvisano le altre pattuglie via radio e comincia l’inseguimento. La Skoda devia per Santa Lucia, ma oramai la polizia gli sta addosso. Dall’auto dei killer di Pino Amato lanciano una bomba a mano tipo ananas, che cade proprio sul tetto della pantera che li segue. La bomba, per fortuna dei militari, non esplode. I poliziotti dall’auto sparano a loro volta raffiche di mitra nei confronti della Skoda. Feriscono nuovamente l’autista. Stavolta alla schiena e alle braccia. Viene ferito anche un passante, Bruno Vitale, di 36 anni. Dall’auto vengono lanciate altre due bombe a mano che non esplodono. La città oramai è chiusa in una morsa. Scatta il piano di emergenza stabilito dal Questore. I militari riescono a chiudere tutte le possibili vie di fuga.

La corsa dei quattro fuggitivi finisce a Santa Lucia. Li circondano decine di agenti armati pronti a fare fuoco. Non hanno più scampo gli assassini di Pino Amato. “Siamo militanti delle Brigate Rosse, ci dichiariamo prigionieri politici”. Pronunciano solo queste parole. I quattro si arrendono anche se hanno con loro un arsenale chiuso in un borsone: quattro pistole, un fucile mitragliatore, un mitra, centocinquanta cartucce e un giubbotto antiproiettile. L’uomo ferito è l’unico che dichiara subito le generalità. Si tratta di Bruno Seghetti 30 anni, romano. Gli altri tre si rifiutano di parlare. Il ferito viene trasportato all’ospedale Pellegrini e piantonato. Nello stesso ospedale viene trasportato anche Pino Amato. Ma il suo corpo è già privo di vita.  La donna viene identificata dopo qualche ora. E’ Maria Teresa Romeo, di 25 anni da Avellino, moglie di Nicola Valentino, altro militante delle Br  già in carcere. Gli altri due sono in possesso di carte d’identità contraffatte e non è facile risalire subito all’identità. Vengono identificati a tarda sera. Si tratta di Salvatore Colonna e Luca Nicolotti, rispettivamente di 22 e 26 anni.



Pino Amato era nato a Torino nel 1930. Si era trasferito  a Napoli ancora giovanissimo cominciando  la sua carriera politica nella sezione DC di Capodimonte. Cresciuto nell’Azione Cattolica, è stato per alcuni anni Direttore Amministrativo del Formez. Sposato con  Mariolina Ciccarelli, dal cui matrimonio sono nati due figli,  Arnaldo e Fabrizio. Si affermò come innovatore della politica e non solo a livello locale. Fautore del dialogo con il Partito Comunista, divenne punto di riferimento della corrente Andreottiana in Campania, unitamente all’onorevole Cirino Pomicino. Amico personale del ministro dell’Interno, Vincenzo Scotti, rappresentava un’alternativa ai dorotei napoletani.



La rivendicazione dell’omicidio arriva puntuale poche ore dopo l’agguato con una telefonata all’Agenzia Ansa: “Qui Brigate Rosse. Un nucleo armato dell’organizzazione ha giustiziato l’assessore regionale Dc al Bilancio e alla programmazione, Giuseppe Amato…”.

Nessun commento:

Posta un commento