Sono state annunciate le riprese della fiction televisiva sulla camorra di Casal di Principe da parte della Taodue, la società di produzione di Pietro Valsecchi, che ha già al suo attivo quelle di “Distretto di Polizia”, “Il capo dei capi”, Paolo Borsellino e molte altre. La fiction si chiamerà “il clan dei camorristi”, e non più “il clan dei casalesi”, perché c’erano state proteste da parte di associazioni locali, il sindaco e semplici cittadini, che rivendicano il termine “casalesi” come il nome di un popolo e non il nome di un clan. Mi sono trovato anch’io a trattare di questa vicenda con un articolo pubblicato sul sito de “il fatto quotidiano” dove, per l’occasione, ho appreso anche che uno degli sceneggiatori della fiction è Claudio Fava, giornalista, scrittore, e figlio di Pippo Fava, giornalista ucciso a Catania dalla mafia siciliana il 5 gennaio 1984. Ho anche parlato che Claudio Fava, che conosco da un po’ di anni, e le sue parole hanno rassicurato un po’ tutti. In ogni caso le polemiche non si sono fermate. C’è sempre chi pensa che non sia giusto raccontare questi fatti, perché in questo modo da un lato si denigra il proprio territorio e dall’altro si fa proselitismo verso la camorra. Io, invece, non penso né l’uno e né l’altro. Credo che bisogna sempre raccontare quello che accade, anche quando questa realtà non ci piace. Bisogna solo stare attenti a non far diventare i criminali dei miti e dei modelli positivi da imitare. Come si fa? Credo che uno dei modi sia quello di raccontare la realtà partendo dal punto di vista delle vittime e non dei carnefici. E’ un punto di vista che pochi prendono in considerazione.
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