Se
fosse accaduto in Sicilia, sarebbe stato un caso di lupara bianca. Invece Italo Toni e
Graziella De Palo, due giornalisti, sono scomparsi in Libano il 2
settembre 1980. Da allora sono passati trentadue anni e della loro sorte non se
n’è saputo più nulla. E non sono annoverati tra le vittime che hanno avuto
giustizia. Sullo sfondo della loro scomparsa un intreccio di affari, misteri e
traffici di armi, inconfessabili. Uno scenario simile a quello in cui maturò l’assassinio
di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Italo Toni e
Graziella De Palo erano arrivati a Beirut il 22 agosto 1980, su invito
del rappresentante romano dell’Olp, Nemer Hammad. Esattamente dieci giorni
prima di quel 2 settembre, per documentare le condizioni di vita dei profughi
palestinesi. Graziella, 24 anni, collaborava con “Paese Sera” e “L’Astrolabio”,
la testata fondata e diretta da Ferruccio Parri.
Aveva già pubblicato diverse inchieste sui traffici di armi. Italo, invece, 50
anni, giornalista professionista, era redattore dell’Agenzia “Notizie”. Erano
partiti da Roma alla volta di Damasco
con un volo Syrian Arab Airlines. Il visto d’ingresso era stato fornito
dall’Olp, come pure il biglietto aereo e l’ospitalità in un albergo di Beirut. Erano giunti a Damasco la sera del
22 agosto, accolti da un rappresentante locale dell'OLP. Si registrarono a
Beirut in qualità di giornalisti ospiti della resistenza palestinese. Stabilirono
la loro base in un albergo dell'organizzazione palestinese situato nella zona
Ovest della capitale libanese: l'hotel Triumph.
Italo
Toni, dopo qualche giorno, chiese di poter visitare le postazioni militari
palestinesi del Sud. Quelle più attive nella guerra contro gli israeliani. Ma bisognava
rivolgersi al "Fronte Democratico" di Nayef Hawatmeh (uno dei gruppi
minori che costituiscono l'organizzazione palestinese). La visita viene
organizzata per il 2 settembre. Il giorno prima i due giornalisti si recano
all'ambasciata d'Italia, per segnalare la loro presenza in Libano. Li riceve il
Primo Consigliere Tonini. Spiegano il motivo per cui sono in Libano e lo
informano che il giorno dopo saranno
accompagnati da esponenti del "Fronte Democratico", per la visita
nelle zone più calde della guerra. Italo Toni sa che quella visita può essere
pericolosa, perciò, dopo aver chiesto la protezione dell'ambasciata: raccomanda
al consigliere: "Se tra tre giorni noi non siamo rientrati in albergo date
l'allarme, venite a cercarci". "Sì, sì, senz'altro - risponde Tonini
- Faremo di tutto".
La mattina del 2 settembre 1980, Italo e Graziella
escono dall’albergo e salgono su una jeep. Destinazione: la linea di fuoco nei pressi del castello di
Beaufort, dove si consumava una delle battaglie più cruenti tra palestinesi e
israeliani. Da quel momento si perdono le loro tracce.
Dopo
tre giorni, nonostante i due giornalisti italiani non rientrino in albergo, l’allarme
non scatta. Nessuno li cerca. Si allerta la famiglia di Graziella, perché il 15
settembre, data fissata per il rientro in Italia, la ragazza non si fa viva. I familiari
contattano gli uffici dell’Olp che danno
notizie rassicuranti. Ma non corrisponderanno al vero. Il 4 ottobre tre
italiani iscritti ad una loggia massonica tra cui una giornalista de “La
Nuova Cucina”, Edera Corrà, si recano in Libano per intervistare il capo
delle forze falangiste libanesi, Béchir Gemayel. Prima di partire, i massoni
libanesi cui la Corrà si è rivolta, informano i tre italiani che i cadaveri dei
due giornalisti scomparsi sono stati appena ritrovati e portati all'obitorio
dell'ospedale americano, situato nella zona occidentale della città. Ma
nonostante un appuntamento preso per assistere al riconoscimento dei cadaveri,
i tre non li faranno mai avvicinare all’ospedale. Si fa strada l’ipotesi che i
due giornalisti siano stati uccisi dal “Fronte popolare palestinese” una delle
fazioni che fa capo a capo George Habbash, perché una segnalazione da Roma agli
agenti di “Forza 17” il servizio segreto palestinese, asseriva che Italo Toni fosse
un giornalista legato ai servizi israeliani. Da quel momento in poi inizia un
depistaggio continuo, con la comparsa di personaggi siriani e palestinesi risultati
non affidabili e personaggi dei servizi segreti, come il generale Giuseppe Santovito,
iscritto alla P2. Faranno di tutto per non far scoppiare “il caso Toni - De
Palo”. Quale verità si doveva coprire? Ai famigliari verrà ripetutamente detto
di non recarsi in Libano alla ricerca di Graziella e di Italo. La mamma di
Graziella, nel giugno del 1983, scrive una lettera al presidente della
Repubblica, Sandro Pertini: “Sono convinta che il crimine si è consumato con la
connivenza di alcuni settori dei servizi dello Stato italiano – scrive la signora
de Palo - divenuti strumento di loschi
interessi e traffici a diverso livello, servizi nella cui buona fede avevamo
creduto, quando fingevano di adoperarsi per riportarci nostra figlia, ingannandoci
nel più cinico dei modi…”.
Solo di fronte al rischio di un' incriminazione per falsa
testimonianza, il generale Santovito e poi
il colonnello Stefano Giovannone, uomo del sismi a Beirut, opposero il segreto
di Stato, evitando così di rivelare quali fossero i rapporti tra lo Stato
italiano e i gruppi palestinesi. Verrà
incriminato ufficialmente George Habbash per la scomparsa dei due giornalisti,
ma poi sarà assolto al processo. Quindi nessun colpevole per la scomparsa di
Italo e Graziella.
Nel
frattempo, a dicembre nel 2009, la presidenza del Consiglio ha deciso di rendere
consultabili parte dei documenti che
compongono il dossier dei servizi segreti militari. Si tratta di 1000 pagine su
1200. Ma i familiari di Graziella sono
convinti che anche quelle pagine non contengano la verità. Il fratello minore di Graziella, Fabio De
Paolo, intervistato da Repubblica il 17 dicembre del 2009, dichiara: "Non
vorremmo che questa svolta si riveli una vittoria di Pirro. Se i pregressi
rapporti tra Olp e Sismi continuano a prevalere sulla verità della scomparsa di
mia sorella, temo che avremo accesso solo ai documenti che ci vogliono fare
vedere. (…) A noi non interessa svelare o denunciare vecchi accordi
internazionali. Noi cerchiamo solo la verità. Dopo tanti misteri e tanti
depistaggi, ne abbiamo diritto. Vogliamo ancora credere nella giustizia".
Nessun commento:
Posta un commento