sabato 25 maggio 2013

MAFIA: FIRENZE RICORDA LA STRAGE DI VIA GEORGOFILI, 20 ANNI FA 5 MORTI


 
Era l'1.04 della notte del 27 maggio 1993. Una data che Firenze non dimenticherà mai: un furgone riempito con 250 chili di tritolo e altro materiale esplode nel cuore della città, fra la Galleria degli Uffizi e l'Arno, a due passi dalla sede dell'Accademia dei Georgofili. Cinque persone perdono la vita. Un'intera famiglia, Angela Fiume, di 36 anni, che lavora e vive nell'Accademia; suo marito Fabrizio Nencioni, di 39 anni e le loro figlie, Nadia, di 9 anni, Caterina, di soli 50 giorni; perde la vita anche Dario Capolicchio, uno studente di 22 anni, colpito dall'esplosione nella sua abitazione di fronte alla Torre. Quarantotto sono i feriti. La Galleria degli Uffizi, uno dei principali musei al mondo, è gravemente danneggiata e duecento opere vengono semidistrutte. Negli attimi successivi all'esplosione, si pensa ad una fuga di gas. Il giorno seguente, la scoperta di un cratere di 3 metri di diametro e 2 di profondità lasciato dall'esplosione di un'autobomba non lascia dubbi: è un attentato. Come accerteranno le inchieste, la strage dei Georgofili fa parte della risposta che il clan mafioso dei Corleonesi di Totò Riina dà allo Stato contro l'applicazione dell'articolo 41 bis, che prevede il carcere duro e l'isolamento per i mafiosi.

I responsabili della stagione stragistica del '92-93 sono stati definitivamente condannati. La corte d'assise di Firenze ha condannato Totò Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano ed il latitante Matteo Messina Denaro. Il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, per la Procura di Firenze è testimone chiave per la strage dei Georgofili ed ha testimoniato al processo che ha visto imputato il boss Francesco Tagliavia, accusato di essere coautore dell'attentato a Firenze. Condannato all'ergastolo in primo grado, per Tagliavia proprio nei giorni scorsi si è aperto a Firenze il processo d'appello. Giovedì 23, poi, il Tribunale di Firenze ha condannato all'ergastolo Cosimo D'Amato, il pescatore siciliano accusato di aver procurato il tritolo utilizzato nelle stragi mafiose degli anni '90, tra cui via dei Georgofili. D'Amato era stato arrestato nel novembre 2012, accusato dai pm fiorentini Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi di aver aiutato Cosa Nostra a procurarsi il tritolo nei mari della Sicilia, ricavandolo da ordigni bellici inesplosi. D'Amato è stato condannato all'ergastolo con l'accusa di strage e porto e detenzione di esplosivo. Durante l'arringa difensiva, il suo avvocato, Corrado Sinatra aveva chiesto l'assoluzione per il suo assistito, sostenendo che il pescatore non sapeva a cosa servisse l'esplosivo, e che non ci sono prove che l'uomo fosse presente alle consegne del materiale utilizzato per le stragi. Ad accusarlo sono in particolare i pentiti Gaspare Spatuzza e Pietro Romeo.

Domani è in programma la consegna delle targhe a memoria dell'evento a quanti si sono prodigati nei soccorsi, nelle indagini e nell'informazione nei momenti immediatamente successivi all'attentato. Saranno presenti il presidente del Senato, Piero Grasso, il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, i sottosegretari fiorentini Gabriele Toccafondi ed Erasmo D'Angelis, autorità civili, militari e religiose. Sempre domenica la Galleria degli Uffizi prolungherà l'orario di apertura, con ingresso libero, dalle 19 alle 23.30. Il pubblico potrà partecipare anche a speciali visite gratuite che prenderanno il via dalle 19 fino alle 23. Domenica sera dopo la commemorazione (ore 21) in piazza della Signoria, si terrà il corteo con la deposizione della corona di fiori sul luogo dell'attentato. Lunedì, poi, alle 9 in piazza della Signoria oltre 600 ragazzi di tutte le scuole primarie e secondarie di Firenze daranno vita a un grande girotondo intorno al complesso vasariano degli Uffizi. «Queste indagini non devono e non possono chiudersi mai», ha affermato il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Quattrocchi, che ha lanciato un appello: «Se qualcuno dentro o fuori le carceri, dopo 20 anni, ha non dico la voglia ma la consapevolezza e la coscienza di poter dire qualcosa che non sappiamo - è l'invito del magistrato - ce lo dica o anche soltanto ce lo faccia capire: ci basta».


«Sui mandanti, ma si possono chiamare ispiratori o agevolatori, siamo fermi. Abbiamo avuto la possibilità di esplorare questo territorio, ma dobbiamo fare i conti con le prove, non con le ipotesi». Lo ha detto il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi riguardo le indagini sulle stragi mafiose del 1993. «La Dda di Firenze ha esaurito il compito rispetto alle fonti informative di cui disponeva», ha aggiunto, ricordando la chiusura, dopo la condanna, del procedimento sul pescatore che fornì il tritolo.


«È sempre possibile - ha poi aggiunto Quattrocchi - che qualcosa di nuovo emerga, che qualcuno, dentro o fuori le carceri, venga a dirci qualcosa che non sappiamo. Queste indagini non si fermano mai». Riguardo le responsabilità delle stragi «si può benissimo nutrire il dubbio che non sia stata solo mafia - ha aggiunto Quattrocchi - Su questa ipotesi, che ci sembrava più di un dubbio, ci abbiamo lavorato, nella ricerca di prove o indizi gravi, precisi e concordanti, ma senza i contributi che altre persone 'informate’ ci avrebbero potuto dare non è stato possibile andare oltre». «L'attività della procura, comunque, non può e non deve fermarsi - ha continuato Quattrocchi - Non è detto che tutto quello che abbiamo acquisito e messo a frutto sia tutto, è pur sempre possibile che qualcuno o qualcosa di nuovo emerga. Noi abbiamo il dovere di individuare tutti quelli che hanno concorso nei delitti, quale che sia stato il loro ruolo».

 Il magistrato fiorentino Giuseppe Nicolosi, che fin dall'inizio ha indagato sulle stragi di mafia del 1993 a Firenze, Roma e Milano, a giugno lascerà l'indagine. Sarà così anche per il suo collega, Alessandro Crini: per entrambi, che adesso sono sostituti procuratori generali, scade l'applicazione alla Dda di Firenze. «Questo non implica la chiusura dell'inchiesta - spiega il procuratore Giuseppe Quattrocchi - perché non possiamo escludere che, da ora in vanti, ci siano nuove acquisizioni che diano luogo a nuove indagini. In quel caso, la professionalità e le conoscenza dei magistrati che si sono occupati di queste vicende tornerà di nuovo utile». Quattrocchi ha poi ricordato che «il procedimento a cui hanno lavorato Nicolosi e Crini si è chiuso nei giorni scorsi con la condanna all'ergastolo del pescatore Cosimo D'Amato, accusato di aver fornito il tritolo per le stragi». Intanto, è arrivato in assise d'appello il processo al boss Francesco Tagliavia, accusato di aver messo a disposizione il gruppo di fuoco: «Tutto il lavoro legato alle rivelazioni di Gaspare Spatuzza - ha concluso Quattrocchi - va ascritto alla capacità, alla bravura e alla testardaggine di Nicolosi e Crini che, con insieme a me, se ne sono occupati».

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