“Attenti, la camorra casalese è stata messa alle
corde, ma non è sconfitta. Le cose sono cambiate, ma possono cambiare ancora in
senso negativo se oggi non cogliamo questa importante occasione per voltare
pagina”. Cesare Sirignano, magistrato della Dda Napoletana, invita a non
sottovalutare la capacità di “risorgere” della camorra, in un territorio che
conserva ancora tutto l’humus che l’ha fatta crescere e proliferare. Lo fa
durante una iniziativa della Federazione Antiracket Italiana nel Comune di
Castel Volturno, per ricordare Raffaele Granata, proprietario del lido “La
Fiorente”, ucciso l’11 di luglio del 2008 dal gruppo criminale di Giuseppe
Setola durante nove mesi di terrore in cui furono ammazzate 18 persone.
Con Sirignano, a ricordare Granata, ci sono anche il nuovo Commissario
Nazionale Antiracket, Santi Giuffrè, il presidente onorario della Fai, Tano
Grasso, Il commissario Regionale Antiracket, Fanco Malvano, il prefetto di
Caserta, Carmela Pagano, Il sindaco di Castel Volturno, Dimitri Russo e Luigi Ferrucci, presidente
dell’associazione antiracket di Castel Volturno. In sala ad ascoltare, insieme
ai figli di Raffaele Granata, ci sono i familiari di Domenico Noviello e Antonio Ciardullo, altre vittime
del gruppo criminale di Setola. Con loro il rappresentante dei familiari
delle vittime innocenti della provincia di Caserta, Salvatore Di Bona.
“Questo è il luogo in cui la camorra ha
fatto più danni - dice nella sua prima uscita pubblica Dimitri Russo, il
nuovo sindaco di Castel Volturno - Oggi devo constatate che gran
parte di quella feccia umana è stata spazzata via grazie al lavoro delle forze
dell’ordine. Tuttavia non bisogna mai abbassare la guardia”. Luigi
Petrucci, Presidente Associazione Antiracket Castel Volturno “Domenico
Noviello”, invita gli imprenditori a denunciare. “Oggi è più facile rispetto ad
alcuni anni fa perché lo Stato è più presente”. Per Franco Malvano Commissario
regionale Antiracket “Bisogna rafforzare la cultura del contrasto che manca, ma
non possiamo aspettare che il problema lo risolvano magistrati e forze
dell’ordine. La politica deve impegnare più risorse. Anche i beni confiscati
devono essere recuperati. Quando sono abbandonati sono l’immagine di
un’inefficienza dello Stato”.
Ma è Cesare Sirignano a insistere sulla possibile
rinascita delle organizzazioni criminali. “Sono stati conseguiti dei risultati
straordinari sulla camorra, solo che la cultura camorristica è ancora molto
radicata. Vi sono le condizioni per una ripresa dell’organizzazione criminale,
perché restano immutate le condizioni che l’hanno generata: Non c’è sviluppo,
non c’è impegno vero dal punto di vista nazionale per queste zone. Non ci sono
impegni che possano contribuire ad uno sviluppo culturale oltreché economico.
E’ difficile pensare che una cultura così radicata possa essere cancellata con
le sentenze. Bisogna cogliere questo momento veramente straordinario e fare sul
serio”.
Il prefetto di Caserta, Carmela Pagano, è attento alle
parole del magistrato. E lo sottolinea così: “Ci sono stati molti successi nei
confronti della criminalità organizzata. Questo lo voglio rivendicare col
Modello Caserta. Sono d’accordo che non bisogna sottovalutare l’opportunità di
voltare pagina e cogliere la grande opportunità che ha il territorio in questo
momento. Ci sono forti retaggi di tipo culturale che vanno recisi”.
A mettere in risalto altre contraddizioni nella lotta
alla camorra è Tano Grasso, che punta il dito contro gli imprenditori del
territorio. “C’è una risposta straordinaria dello Stato, ma c’è altrettanto una
risposta straordinaria in negativo da parte del mondo imprenditoriale
casertano. L'assenza
nella lotta alla criminalità delle associazioni imprenditoriali sterilizza
anche l'azione dello Stato. Noi delle associazioni siamo una piccola avanguardia –
sostiene Grasso - Significativa, importante, ma in questa immensa
provincia casertana gli imprenditori antiracket che si organizzano, sono una
esigua minoranza. Se gli imprenditori non capiscono che devono ribellarsi al
pizzo, l’organizzazione criminale si ricostruisce. Così è avvenuto ovunque”
Giuseppe Granata |
Per questo il commissario Nazionale Antiracket ha invitato
gli imprenditori a fare una precisa scelta di Campo. “Se prima poteva esserci
una giustificazione morale perché lo Stato era assente, oggi chi non lo fa non
ha più giustificazioni”. “Mio padre in 70 anni non è mai andato in ferie, ha
sempre lavorato - ha concluso Giuseppe Granata, il figlio di Raffaele –
Ricordo ancora le parole che allora ci disse il dottor Sirignano: “Non
chiudete l’attività. Portatela avanti come se fosse un simbolo”. Lo abbiamo
fatto nel solco della legalità perché mio padre non si è mai piegato alla
camorra – conclude emozionato Giuseppe Granata – e noi vogliamo continuare a
portare avanti il suo esempio”.
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