martedì 12 febbraio 2013

FU UN OMICIDIO "TURPE E SPREGEVOLE" QUELLO DI TERESA BUONOCORE



Fu un omicidio «turpe, spregevole e vile secondo il comune sentire della coscienza collettiva». I giudici della Terza sezione della Corte di Assise di Napoli definiscono così l’omicidio di Teresa Buonocore, la donna uccisa il 19 settembre 2010 per aver denunciato l’orco che aveva abusato  delle sue bambine. La frase si trova nelle motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo di Enrico Perillo, il mandante di quell’omicidio. È invece «nobile che la madre di una giovane vittima di un sì grave reato – scrivono ancora i giudici -  ne denunci l'autore e, costituendosi parte civile, agisca per garantire alla vittima quantomeno un risarcimento monetario».



Per i giudici, Perillo ha dato vita a «una vera e propria escalation criminale che non sembra essersi interrotta neanche con il più grave dei reati a lui contestati», vale a dire proprio l'omicidio. L'omicidio avvenne il 19 settembre 2010. Le figlie di Teresa Buonocore, amiche di quelle di Perillo, frequentavano la casa dell'uomo, a Portici (Napoli). Proprio nell'abitazione, mentre la moglie era assente per lavoro, Perillo, che un lavoro non l'ha mai avuto, abusò di una delle bambine. Fu un vicino di casa ad accorgersi di quanto avveniva e a rivolgersi alla Polizia: solo allora Teresa Buonocore venne a sapere e non esitò a costituirsi parte civile nel processo per gli abusi sessuali al termine del quale Perillo fu condannato a 15 anni di reclusione. In 62 pagine il presidente della Corte di Assise Carlo Spagna (giudice a latere era Nicola Russo) ricostruisce innanzitutto gli incendi fatti appiccare dall'uomo alle porte della casa di un suo vicino, che lo aveva denunciato per abusi edilizi, e dello studio dell'avvocato Maurizio Capozzo, «colpevole» - a suo modo di vedere - di assistere il comandante della polizia municipale di Portici (Napoli), intervenuto per bloccare gli abusi edilizi e a sua volta denunciato da Perillo.
Quindi si sofferma sulla passione per le armi nutrita da Perillo, condannato per il possesso di pistole, fucili, esplosivi e migliaia di munizioni, che fabbricava egli stesso in casa e vendeva poi a non meglio identificati esponenti della criminalità organizzata di Torre Annunziata (Napoli). Infine affronta gli abusi sessuali compiuti dall'imputato su due bambine, una delle quali è figlia di Teresa Buonocore: Perillo le mostrò una pistola dicendole che l'avrebbe usata contro sua madre se le avesse rivelato le violenze cui la sottoponeva, mentre tentò di convincere l'altra bambina a ritrattare le accuse offrendole ricariche telefoniche da 50 euro e un paio di scarpe Nike. L'omicidio, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza, fu commissionato da Perillo, che era in carcere per gli abusi sessuali, ad Alberto Amendola tramite una lettera criptata. «Fai fare i lavori alla casa in Calabria, trova il muratore adatto, la pala non ti manca; ci stanno 15.000 euro». Il «muratore adatto» fu individuato da Amendola in Giuseppe Avolio, condannati a 21 anni, il primo, e a 18 anni, il secondo, per omicidio al termine del processo con rito abbreviato. Nelle pagine finali delle motivazioni, Spagna si sofferma sugli ultimi episodi della «escalation criminale», in particolare sulle minacce rivolte ad Alberto Amendola, che per questo fu trasferito in un altro carcere, e le minacce rivolte addirittura in aula ad un altro teste che lo aveva accusato.

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