Fu un omicidio «turpe,
spregevole e vile secondo il comune sentire della coscienza collettiva». I giudici
della Terza sezione della Corte di Assise di Napoli definiscono così l’omicidio
di Teresa Buonocore, la donna uccisa il 19 settembre 2010 per aver denunciato l’orco
che aveva abusato delle sue bambine. La
frase si trova nelle motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo di Enrico
Perillo, il mandante di quell’omicidio. È invece «nobile che la madre di una
giovane vittima di un sì grave reato – scrivono ancora i giudici - ne denunci l'autore e, costituendosi parte
civile, agisca per garantire alla vittima quantomeno un risarcimento
monetario».
Per i giudici, Perillo ha
dato vita a «una vera e propria escalation criminale che non sembra essersi
interrotta neanche con il più grave dei reati a lui contestati», vale a dire
proprio l'omicidio. L'omicidio avvenne il 19 settembre 2010. Le figlie di
Teresa Buonocore, amiche di quelle di Perillo, frequentavano la casa dell'uomo,
a Portici (Napoli). Proprio nell'abitazione, mentre la moglie era assente per lavoro,
Perillo, che un lavoro non l'ha mai avuto, abusò di una delle bambine. Fu un
vicino di casa ad accorgersi di quanto avveniva e a rivolgersi alla Polizia:
solo allora Teresa Buonocore venne a sapere e non esitò a costituirsi parte
civile nel processo per gli abusi sessuali al termine del quale Perillo fu
condannato a 15 anni di reclusione. In 62 pagine il presidente della Corte di
Assise Carlo Spagna (giudice a latere era Nicola Russo) ricostruisce
innanzitutto gli incendi fatti appiccare dall'uomo alle porte della casa di un
suo vicino, che lo aveva denunciato per abusi edilizi, e dello studio
dell'avvocato Maurizio Capozzo, «colpevole» - a suo modo di vedere - di
assistere il comandante della polizia municipale di Portici (Napoli),
intervenuto per bloccare gli abusi edilizi e a sua volta denunciato da Perillo.
Quindi si sofferma sulla passione per le armi nutrita da Perillo, condannato
per il possesso di pistole, fucili, esplosivi e migliaia di munizioni, che
fabbricava egli stesso in casa e vendeva poi a non meglio identificati
esponenti della criminalità organizzata di Torre Annunziata (Napoli). Infine
affronta gli abusi sessuali compiuti dall'imputato su due bambine, una delle
quali è figlia di Teresa Buonocore: Perillo le mostrò una pistola dicendole che
l'avrebbe usata contro sua madre se le avesse rivelato le violenze cui la
sottoponeva, mentre tentò di convincere l'altra bambina a ritrattare le accuse
offrendole ricariche telefoniche da 50 euro e un paio di scarpe Nike.
L'omicidio, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza, fu commissionato
da Perillo, che era in carcere per gli abusi sessuali, ad Alberto Amendola
tramite una lettera criptata. «Fai fare i lavori alla casa in Calabria, trova
il muratore adatto, la pala non ti manca; ci stanno 15.000 euro». Il «muratore
adatto» fu individuato da Amendola in Giuseppe Avolio, condannati a 21 anni, il
primo, e a 18 anni, il secondo, per omicidio al termine del processo con rito
abbreviato. Nelle pagine finali delle motivazioni, Spagna si sofferma sugli
ultimi episodi della «escalation criminale», in particolare sulle minacce
rivolte ad Alberto Amendola, che per questo fu trasferito in un altro carcere,
e le minacce rivolte addirittura in aula ad un altro teste che lo aveva
accusato.
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