“Mettiamo qualche via Dante e via Boccaccio in meno a Casal di Principe e più via Antonio Cangiano e Angelo Riccardo". Gigi Di Fiore, giornalista del quotidiano “Il Mattino” e tra i maggiori conoscitori del fenomeno camorristico, strappa un applauso nell’angusta sede di Legambiente a Casapesenna, alla presentazione del suo libro “L’Impero dei casalesi”, nell’ambito del festival dell’Impegno Civile. La tappa è dedicata a due vittime della criminalità di Casapesenna: Antonio Cangiano, ferito dalla camorra il 4 ottobre del 1988, costretto su una sedia a rotelle e morto in seguito a quelle ferite il 26 ottobre del 2009. L’altra vittima innocente è Angelo Riccardo, un giovane di vent’anni ucciso “per caso” il 21 luglio 1991, durante un regolamento di conti tra camorristi, mentre transitava in auto per le strade di San Cipriano di Aversa. E’ sabato pomeriggio, ma all’iniziativa c’è un bel po’ di gente, nonostante il caldo e il poco spazio. Ci sono due sindaci, Renato Natale, di Casal di Principe e Marcello De Rosa di Casapesenna. Gianni Zara, ex sindaco e avvocato della Federazione Antiracket. Insieme a Mauro Baldascino del Comitato don Peppe Diana, i tre figli e la moglie di Antonio Cangiano e il fratello di Angelo Riccardo.

“Io penso che la politica in questo territorio deve fare una cosa sacrosanta: ristabilire la normalità – ha detto Marcello De Rosa, il nuovo sindaco di Casapesenna, nel suo intervento di saluto – Dobbiamo essere prima noi, amministratori locali, a dare l’esempio. Solo così facendo possiamo rendere protagonisti del cambiamento tutta la cittadinanza”. Il sindaco, però, non ha spiegato perché il Comune non si è costituito parte civile al processo che vede imputati l’ex sindaco Fortunato Zagaria, l’ex Consigliere comunale, Amato e il boss Michele Zagaria, per le minacce contro un altro ex sindaco, Giovanni Zara.
“L’episodio del ferimento di Antonio Cangiano – ha sottolineato Pasquale Iorio, moderatore dell’incontro – non è stato valutato nella sua reale gravità. Ora che siamo ad una svolta storica in questi territori, bisogna governare l’impegno”. Propone per questo un evento nazionale per ricordare Antonio Cangiano.
Renato Natale, neo sindaco di Casal di Principe, ci tiene a sottolineare che non si sente ospite alla manifestazione, ma padrone di casa. “Sono qui come membro di Libera e del Comitato don Peppe Diana. Sono qui come parte integrante di queste organizzazioni che da anni promuovono il festival dell’Impegno civile. Ho dedicato la vittoria di Casal di Principe ai familiari delle vittime. Provvederemo a che tutti i nomi delle vittime vengano ricordati nei luoghi pubblici della città. I cittadini devono avere nuovi valori e nuovi modelli di riferimento”.
Tocca poi al presidente di Legambiente, Nicola Diana, leggere le parole che Renato Natale scrisse in occasione della morte di Antonio Cangiano: “Siamo colpevoli, siamo tutti colpevoli dei suoi 21 anni di sofferenza. E’ colpevole questa terra che chiede ai suoi figli migliori sacrifici estremi come quelli di Tonino. Una morte come fu per don Peppe Diana. Siamo colpevoli delle troppe assenze dell’indifferenza che ha circondato il suo calvario. Ma lo siamo anche su ciò che lo ha preceduto. Il silenzio sulle cosche, le complicità. Siamo colpevoli per non aver denunciato, di non aver gridato il nostro no ai criminali. Perché abbiamo lasciato solo Tonino e pochi altri come lui”.
Nell’introduzione al dibattito, Pasquale Iorio, sottolinea che il libro di Di Fiore “racconta l’intreccio dettagliato tra la camorra, l’economia, la politica e le istituzioni. E’ stata questa la cappa che ha portato all’isolamento di Tonino Cangiano. Gigi di Fiore, inviato speciale del “Mattino”, è uno studioso non solo del fenomeno criminale legato alla camorra, ma è anche studioso della storia d’Italia del risorgimento e dell’Unità d’Italia che vide crescere un fenomeno di malessere sociale come il Brigantaggio. In quella radice Di Fiore individua alcuni fenomeni che vedono la presenza della mafia in Sicilia, la ‘ndragheta in Calabria e la camorra in Campania”.

Arriva poi la testimonianza di Angela Cangiano, la primogenita di Tonino. Legge una lettera accorata che ha indirizzato al padre. “A te che ci hai sempre incoraggiato a non rinunciare mai ai nostri sogni, ad essere sempre noi stessi, a camminare sempre dritti per la nostra strada. Tante volte mi dicevi: “ Voi dovete essere cittadini attivi. E’ sbagliato disinteressarsi delle cose che accadono nel vostro paese e non solo”. Credevi molto in noi giovani, perché dicevi che i giovani erano portatori di nuove idee e affrontavano i problemi con la mente libera, libera dai compromessi. Grazie. Grazie per il tuo modo di essere. Hai sempre rifiutato vincoli e condizionamenti. Hai sempre sognato un mondo migliore. Sei sempre stato il nostro punto di riferimento, la nostra forza. Fisicamente non sei più tra noi, ma posso dire che sei vivo. Vivo in noi e in quanti hai trasmesso i tuoi ideali e i tuoi modi di dire d i fare. Siamo fieri di essere i tuoi figli. Lo siamo sempre stati e per te non possiamo che chiedere giustizia”. La lettera è anche l’occasione per Pasquale Iorio per ricordare quando Tonino Cangiano gli diceva: “Io devo sempre poter guardare in faccia i miei figli con orgoglio”. “Questa tua lettura me l’ha fatto ricordare con commozione”. Dice Iorio riferendosi alla figlia.
L’avvocato Gianni Zara snocciola i suoi ricordi: Era ildicembre 2008, allora ero sindaco di Casapesenna, mi recai a casa di Tonino Cangiano, perché in quel periodo – sottolinea Zara - erano capitate cose che stanno uscendo ultimamente sui giornali e se non fosse stato per il suo coraggio e per avermi dato quella forza, non avrei fatto tutto quello che poi è stato fatto. Devo molto a Tonino”. Zara continua nel rammentare quei mesi difficili: “Nel 2008 fu anche la prima volta che a Casapesenna si realizzò una tappa del festival dell’impegno civile promosso dal Comitato don Diana. Ci fu una manifestazione nel bene confiscato a Luigi Venosa e fu forse l’inizio della fine di quell’amministrazione comunale. Oggi sono contento oggi di vedere molte facce di cittadini di Casapesenna, a differenza di allora. Finalmente una parte di cittadini ha capito e scelto da che parte stare.”
Dopo la testimonianza di un ragazzo di origini siciliane che legge un testo che ricorda come fu ucciso Angelo Riccardo, Pasquale Cirillo, referente del presidio di Libera di Casapesenna, racconta di quando frequentava l’azione cattolica e la parrocchia del paese. “I parroci preparavano corsi biblici, non tanto per formarci, ma per dare risposte a gruppi di ragazzi che frequentavano altri centri religiosi, come il caso di Angelo Riccardo che era Testimone di Geova. Ho conosciuto Angelo perché avevo frequentato un corso anti Testimoni di Geova. Io dicevo al parroco: “ma quei ragazzi sono dei giovani perbene, portano le cravatte, camicie a maniche lunghe. Ma è possibile che a Casapesenna con tutti problemi che abbiamo, dobbiamo prendercela con questi ragazzi?” Ho incontrato Angelo diverse volte per andare a mangiare una pizza e non certo per dargli quel volantino che la parrocchia aveva preparato. Si aveva paura di uscire di casa perché c’erano i killer della camorra che sparavano all’impazzata fuori al bar col kalashnikov e il problema non poteva essere il testimone di Geova. Eppure – dice Pasquale Cirillo - se la chiesa avesse fatto vent’anni quello che fa oggi, forse qualcosa sarebbe cambiato prima. Il nostro impegno nacque proprio in quei tempi difficili – sono sempre i ricordi di Cirillo - A scuola non mi avevano mai parlato di camorra. Perciò è inaccettabile che un ragazzo a vent’anni debba morire così”. I ricordi di Cirillo si intrecciano anche con l’amicizia con Tonino Cangiano. “Ho fatto l’amministratore nel 93/94, come delegato della parrocchia. Tonino fu il primo a portare le regole in questo paese. Non si era mai parlato di Piano Regolatore Generale, di tributi. Tonino cominciò a farlo con determinazione. Diceva anche che i giovani dovevano avere luoghi per incontrarsi, voleva l’isola pedonale. Perché, dovete sapere che da queste parti c’era l’abitudine di incontrarsi con le ragazze in modo alquanto strano. Qui negli anni 90 le ragazze camminavano a piedi e i maschietti a fianco nelle macchine. E, specie se dovevi andare a Casal di Principe e avvicinare una ragazza, ci si doveva andare con un’autogrande. C’era chi andava a fittarle. Oppure si doveva andare da un amico che aveva la Mercedes e si diceva: “mi fai andare a casale a parlare con quella ragazza?” Non erano neanche ragazze di famiglie per bene. Ma quella era la cultura dell’epoca. Tonino Cangiano – ricorda Cirillo - voleva fare l’isola pedonale perché diceva che i giovani dovevano incontrarsi, parlarsi di persona a non nelle macchine. La facemmo l’isola pedonale”.
